Fame Nervosa: Cosa Dovresti Sapere
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L’articolo è la traduzione di “You Are Sick Enough” di Lexie Manion, apparso sul blog ufficiale NEDA
Se ripenso a quando ho ricevuto il primo trattamento per il mio disturbo alimentare quando ero adolescente, mi ritornano in mente parole come “Non sono malata abbastanza” e “La mia battaglia non è poi così terribile”. Non ero consapevole del paradossale giro di pensieri che mi facevano credere che non stavo lottando abbastanza, e che quindi non meritavo aiuto, nonostante “seguissi le richieste” del mio disturbo alimentare. Ho seguito il disturbo alimentare così tanto che ho rifiutato l’aiuto per molto tempo e ho sofferto tantissimo durante i miei vari auto-esili.
Quando ci chiediamo se siamo “malati abbastanza” per quanto riguarda le nostre lotte contro il disturbo alimentare, possiamo concludere che non meritiamo aiuto ritenendo che “gli altri stanno peggio”. Purtroppo, molte persone che lottano con questa mentalità fanno parte del mondo dei disturbi alimentari. Mi ci sono voluti molti anni per chiedere aiuto, per poi tornare sui miei passi e chiudere la porta all’aiuto, per tornare pian piano a chiedere nuovamente aiuto – per non attaccarmi ai sentimenti di riluttanza e vergogna al momento dell’accettazione dell’aiuto.
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In molti modi, la nostra comunità ha ravvivato le fiamme del “mostro del non abbastanza malato” che incombe su chi soffre di disturbi alimentari e impedisce a molti di noi di guarire completamente. Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) e il trattamento dei disturbi alimentari per come è praticato storicamente hanno impedito a molti di noi che non erano “sottopeso” di convincersi che meritavamo aiuto poiché non “avevamo il physique du role”. Prima del DSM-5, che è stato pubblicato nel 2013, i criteri per una diagnosi di anoressia includevano la perdita del periodo mestruale (se applicabile) così come un basso peso sulla tabella dell’IMC. Quando ne sono venuta a conoscenza per la prima volta da adolescente nel 2011, ho pensato che quello che stavo attraversando non era così grave perché non avevo ancora sofferto di complicazioni fisiche dovute al mio disturbo alimentare. Ho pensato: “Come può una malattia mentale comportare dei danni fisici?” e “Perché mi viene detto che merito aiuto e allo stesso tempo mi sento come se mi venisse detto che non sono abbastanza malata?”.
Oltre alla mia confusione personale, i media spesso puntano i riflettori solo su coloro che guariscono dall’anoressia, cosa che accade ancora oggi. Vediamo soprattutto storie di guarigione dall’anoressia – accompagnate da foto di recupero dal “sottopeso” prima e dopo; e quasi mai vediamo altre storie sincere di alcuni disturbi alimentari più diffusi come altri disturbi alimentari specifici (OSFED), Binge eating disorder (BED), o bulimia. Meno del 6% di coloro che lottano con i disordini alimentari sono considerati “sottopeso”*, e l’enfasi primaria sui disordini alimentari relativa ai “pesi inferiori” porta molti a chiedersi se queste condizioni potenzialmente fatali farebbero ancora notizia se non facessero appello agli standard sensazionalistici di magrezza e bellezza.
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Quando i disturbi alimentari legati al basso peso e con conseguenze fisiche vengono messi sotto i riflettori, mentre gli altri rimangono nell’ombra, il pubblico non riesce a capire l’intera gamma dei disturbi alimentari. La mancanza di rappresentazione implica impropriamente che tutti coloro che soffrono di un disturbo alimentare provino gli stessi risultati (ad esempio, comportamenti restrittivi e perdita di peso estrema) e che se qualcuno appare di un peso “normale”, deve essere “sano” e “a posto”. Non ho mai visto nei media una storia simile al mio disturbo alimentare e al mio percorso di guarigione.
Alla fine, siamo quindi traditi dal sistema che dovrebbe aiutarci; e continuiamo ad essere traditi da alcuni operatori che dovrebbero disimparare criteri problematici obsoleti, potrebbero non essere informati su questi aggiornamenti o potrebbero persino rifiutare gli aggiornamenti dell’ultimo DSM. Naturalmente, l’altra prospettiva è che il cambiamento richiede tempo. Abbiamo dovuto provare “A, B e C” prima di arrivare a “X, Y e Z”. Tuttavia, la triste storia del trattamento della salute mentale dimostra che non sempre è dalla parte di chi soffre. Se chi soffre di disturbi alimentari avesse creduto al proprio disturbo mentale senza che gli effetti fisici fossero il segno rivelatore della malattia, forse la storia del trattamento e il DSM sarebbero diversi. E magari chi soffre di disturbi alimentari non confronterebbe il proprio corpo con quello degli altri pazienti e non si chiederebbe se è abbastanza malato, figuriamoci se merita aiuto.
Prima di essere ammessa al mio primo ricovero per il mio disturbo alimentare, mi era stato detto che il centro di trattamento aveva dovuto scontrarsi con la mia assicurazione per farmi ammettere perché ero “normopeso”. Frammentare i disturbi alimentari in diagnosi separate con criteri rigidi che creano sfide o impediscono alle persone di “qualificarsi” per l’aiuto ci ha causato più danni che vantaggi. Magari, in un mondo ideale, dovremmo eliminare le diagnosi specifiche e il termine “disturbo alimentare” dovrebbe bastare come unica diagnosi.
Anche la società è particolarmente ancorata alle sue vecchie abitudini. L’indignazione pubblica è stata incredibile quando la modella plus-size Tess Holliday ha parlato della sua diagnosi di anoressia. Il fatto di essere stati educati a credere che essere malati equivalga ad apparire esteriormente “malaticci” è una vergogna assoluta, specialmente per quanto riguarda le malattie mentali che sono spesso battaglie invisibili. Inoltre, è molto importante che il cambiamento stia avvenendo proprio in questo momento e che l’anoressia venga riconosciuta dai pensieri e dai comportamenti e non più principalmente dagli effetti fisici. I disturbi alimentari possono causare perdita di peso, aumento di peso o non avere assolutamente alcun effetto sul proprio peso. In tutti i casi, la lotta è reale e valida. Quando impareremo che i disturbi alimentari non hanno un aspetto? Quando crederemo ai sopravvissuti ai disturbi alimentari?
Il mio cuore soffre per tutti coloro che sono sopravvissuti ai disturbi alimentari, specialmente prima del 2013, e per coloro che continuano a subire le conseguenze di precedenti convinzioni errate e di rigidi fattori decisionali imposti dagli standard medici. Sia che questo messaggio sia stato reso chiaro dall’essere rifiutato apertamente o più velatamente dal guardarsi intorno e dall’essere l’unico paziente nel centro di trattamento in un corpo più grande, ha devastato le nostre menti. Ha senso perché “non sono malato abbastanza” riverbera nelle nostre menti come un disco rotto e sconfortato.
È arrivato il momento di suonare una melodia diversa. Ma prima, dobbiamo riconoscere che le forze esterne ci hanno bloccato non sono colpa nostra. Non è colpa nostra se ci chiediamo se siamo malati abbastanza. Dobbiamo ritenere quelle forze responsabili del danno arrecato. E dobbiamo parlare, informarci e assicurarci che questo non accada mai più. Il messaggio che perdura sul fatto che non siamo malati abbastanza nelle nostre lotte contro i disturbi alimentari ha portato a generazioni di domande che hanno portato molti a cercare aiuto solo per poi tornare sui propri passi e alla fine sentirsi indegni di essere aiutati.
I disturbi alimentari devono essere considerati come le malattie mentali che sono prima di tutto; possono senz’altro avere un impatto sul nostro essere fisico, ma nascono come battaglie interne. Dobbiamo credere che queste battaglie nel cervello sono difficili e traumatizzanti, e dobbiamo credere che anche se sono battaglie impegnative, sono battaglie che vale la pena combattere. I disturbi alimentari sono battaglie che possono essere superate.
Non solo c’è speranza per noi, ma c’è speranza che le generazioni future ascoltino i nostri racconti strazianti sul sentirsi non “abbastanza malati”. Spero che le generazioni future sperimentino le cure compassionevoli, aperte, non giudicanti e allineate con l’HAES.
Un giorno, il pensiero “non sono malato abbastanza” verrà estirpato dai nostri pensieri. Tutte le persone che soffrono di disturbi alimentari sono degne e meritano aiuto.
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